Cimitero d’api

Vorrei comunicare ad altri apicoltori la  brutta esperienza subìta di recente.

Il giorno 23 Maggio 2011, notai una importante moria di api  presso il mio apiario in zona Noventa Padovana, adiacente alla mia abitazione
L’apiario era composta da n. 10 alveari, di cui 7 molto ben sviluppati.
Faccio notare che – essendo l’apiario vicino alla mia abitazione – viene quotidianamente da me  monitorato.

Ritornando al fatto, ho notato molte api agonizzanti, che ruotavano su se’ stesse e morivano con la ligula fuori.

Mi sono allarmato, cercando di capire cosa stesse succedendo.
Il giorno successivo notai un numero molto più elevato di api che morivano.
Era in piena fioritura il tiglio, molto presente nella mia zona.
Subito ho pensato che poteva trattarsi di avvelenamento.
Il terzo giorno, una desolazione, sembrava un cimitero di api: un tappeto di api morte e/o agonizzanti; dalla porticina degli alveari usciva qualche ape…
Mi sono subito fatto l’idea che doveva trattarsi di pesticidi, forse usati sui tigli in fiore.
La mattina del 24 Maggio mi recai a colloquio con l’assessore all’ambiente del Comune e spiegandogli l’accaduto gli chiesi se i tigli in fiore lungo le vie principali del paese fossero stati trattati con pesticidi.
L’assessore  rimase un pò titubante, lasciandomi qualche dubbio; poi mi ha spiegato che il Comune aveva appaltato la disinfestazione dei tigli alla cooperativa sociale “COISLHA”.
La disinfestazione si era resa necessaria – a suo parere – perchè i tigli sporcavano le auto parcheggiate lungo i viali !!
Tale disinfestazione doveva consistere nella liberazione di insetti utili antagonisti (coccinelle ed altri predatori)
Alla mia precisa domanda se, prima della liberazione degli insetti antagonisti, fossero stati usati degli insetticidi mirati ad abbattere eventuali predatori delle coccinelle, l’assessore mi fece parlare al telefono con il dr. Zancanaro, responsabile della ditta “COISLHA”.
Lo stesso dr. Zancanaro mi spiegò che egli  era assolutamente contrario all’uso di qualsiasi insetticida chimico.
Il pomeriggio stesso, il dr. Zancanaro, accompagnato dall’assesore e dal sottoscritto, esegui’ un sopralluogo anche presso il mio apiario.
Vista la situazione affermò di non aver mai visto una cosa simile e mi ripetè che il trattamento era consistito esclusivamente in una liberazione di insetti utili (antagonisti).
Il 25 maggio chiamai l’Istituto zooprofilattico di Legnaro e, una volta spiegato l’accaduto, mi fecero parlare con il dr. Gallina, il qiale mi consigliò di rivolgermi all’ULSS n. 16, competente per territorio.
Telefonai anche all’ULSS 16, parlai con il dr. Costa, spiegandogli il fatto, chiedendo una sua visita.
Egli mi rispose che non serviva una sua visita, in quanto già immaginava la situazione.
Mi consigliò di chiudere le porticine degli alveari e nutrire le api restanti, per poter salvare la covata (cosa che ho fatto)
Mi consigliò inoltre di portare un certo quantitativo di api morte all’istituto zooprofilattico per le analisi del caso.
Avvisai subito anche la nostra associazione “IL FAVO” di Cittadella, nella persona dell’esperto apistico, sig. Campagnolo Luigi, sempre disponibile a dare consigli ed aiuti agli apicoltori dell’associazione.
Egli mi consigliò di mettere in congelatore due sacchetti di api, di cui uno da portare all’istituto zooprofilattico per le analisi, appena possibile..
Il 26 maggio mi recai con il mio sacchetto di api morte all’istituto zooprofilattico.
Mi risposero che le analisi per conto di un privato erano a pagamento e che non erano in grado di quantificare prima l’entità della spesa, dipendendo al numero di analisi necessarie.
Disperato ed esterefatto, convinto di essere arrivato al capolinea della mia disavventura, chiesi la restituzione del sacchetto di api, sacchetto che – dissi –  avrei gettato nel primo cassonetto di immondizie.
Gli operatori presenti si consultarono e decisero di chiamare telefonicamente il dr. Costa,  dell’Ulss n. 16, responsable anche per il settore apistico.
Lo stesso dr. Costa autorizzò le analisi, quindi assumendo le eventuali spese a carico dell’ULSS 16.
Alla mia richiesta sui tempi per una risposta, mi assicurano che il tutto sarebbe durato non meno di 2-3 mesi.
Allora  chiamai nuovamente il sig. Campagnolo Luigi per informarlo sulla situazione.
Su sua pressione i tempi previsti per la risposta furono accorciati a 10 giorni!

Il 27 maggio  recuperai dei ramoscelli di tiglio in fiore da alcuni alberi in via Roma, con l’intento di farli analizzare per riscontrare l’eventuale presenza di pesticidi.
Detti ramoscelli – ridotti in pezzettini – li misi in congelatore, su due sacchetti separati.
Trascorsi i 10 giorni previsti, mi recai presso l’istituto zooprofilattico per ritirare l’esito degli esami.
L’esito non era ancora pronto, ma nel contempo consegnai il sacchetto con i ramoscelli di tiglio.
Il 20 Giugno chiamai l’istituto ed il dr. Gallina mi riferì che nei campioni da me portati non risultava alcuno dei 150 tipi di principio attivo da loro conosciuto.
Lo stesso mi riferì di aver inviato il materiale al dr. Muttinelli, per vedere se le api fossero morte di malattia.
La cosa – mi fu detto – sarebbe stata di breve soluzione.
Infatti il giorno successivo – 21 Giugno – chiamai il dr. Costa  il quale mi confermò che le api non erano morte di malattia.
Su mia richiesta di avere risposta scritta, mi fu detto che per avere risposta scritta dovevo pagare tutte le analisi eseguite!

In conclusione, sono morte tutte le api bottinatrici in 3 giorni: viste le risposte avute dalle analisi,
sono forse morte di vecchiaia!?!?!

Alla fine, il 25 Giugno – data di estensione della presente relazione – mi ritrovo con 10 alveari al limite della sopravvivenza, il raccolto dell’annata andato perduto e ..tanta… tanta amarezza per la brutta esperienza avuta.
Speravo di trovare maggiore trasparenza e rispetto dell’ambiente, ma sono rimasto profondamente deluso!
Chiedo comunque ad altri colleghi apicoltori se qualcuno mi può aiutare nella mia ricerca di risposte a questa moria di api. – Grazie.

Cappellari Bruno